00 28/12/2008 00:54
Leggerezza o pesantezza?
Su questo quesito parmenideo si snoda tutto il romanzo nella sua struttura assolutamente disunita dove più che temporale lo sviluppo è nel punto di vista, come in un quadro cubista, la storia viene ripresa a pezzetti e raccontata a stralci ogni volta sotto il segno di un tema differente. L'incontro di Tomas e Tereza per esempio viene visto prima sotto l'aspetto della leggerezza dell'uomo minacciata dalla pesantezza della donna e poi viceversa come fedeltà minacciata dai tradimenti. In questa serie di dualismi sul peso si contrappongono soprattutto anima e corpo, amore e sesso, ebbrezza e vertigine. Alla fine ne risulta un vero e proprio mosaico esistenziale dove un cane, Karenin, riesce a mediare meglio di chiunque altro fra i due estremi, nel suo vivere di abitudini, di circolarità, di ripetizioni si materializza tutta la pesantezza di chi accetta le conseguenze della propria scelta (come la donna fedele), nel suo essere ingenuamente amante, senza pretendere nulla, immensamente attivo, si ritrova tutto il valore della leggerezza divenuta ora tuttaltro che insostenibile.
Unico appunto a Kundera... è troppo didascalico a volte, spiega troppo, forse un po' di mistero sulle metafore aumenterebbe il gusto del buon lettore, d'altronde ricordo che sono sempre stato un po' restio a leggere questo libro per via del titolo decisamente altisonante e per via dell'eccesso di successo che ha sempre riscosso anche fra ragazzine di 15 anni (forse un minimo più di cripticità l'avrebbe mantenuto più "puro").




Cito un passo che ho trovato straordinario fra tanti:

La nostra vita quotidiana è bombardata da coincidenze o, per meglio dire, da incontri fortuiti tra le persone e gli avvenimenti chiamati coincidenze. Una coincidenza significa che due avvenimenti inattesi avvengono contemporaneamente, si incontrano: Tomas compare nel ristorante proprio mentre la radio suona Beetohoven. La stragrande maggioranza di queste coincidenze passa del tutto inosservata.[…] L'amore nascente ha acceso in lei il senso della bellezza, e quella musica lei non la dimenticherà più. Ogni volta che la sentirà sarà commossa. Tutto ciò che accadrà intorno a lei in quell'istante, apparirà nell'alone di quella musica e sarà bello.
All'inizio del romanzo che Tereza teneva sotto il braccio quando era arrivata da Tomas, Anna incontra Vronskij in strane circostanze. Sono sul marciapiede di una stazione dove poco prima qualcuno è finito sotto un treno. Alla fine del romanzo sarà Anna a gettarsi sotto il treno. Questa composizione simmetrica, nella quale un identico motivo appare all'inizio e alla fine può sembrarvi molto "romanzesca". Sì, sono d'accordo, ma a condizione che la parola "romanzesca" non la intendiate come "inventata", "artificiale", "diversa dalla vita". perchè proprio in questo modo sono costruite le vite umane.
Sono costruite come una composizione musicale. L’uomo spinto dal senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale (la musica di Beethoven, una morte alla stazione) in un motivo che va poi a iscriversi nella composizione della sua vita. Ad esso ritorna, lo ripete, lo varia, lo sviluppa, lo traspone, come fa il compositore con i temi della sua sonata. Anna avrebbe potuto togliersi la vita in maniera diversa. ma il motivo della stazione e della morte, quel motivo indimenticabile legato alla nascita dell'amore, nel momento della disperazione l'aveva attratta con la sua cupa bellezza. L’uomo senza saperlo compone la propria vita secndo le leggi della bellezza persino nei momenti di più profondo smarrimento.
Non si può quindi rimproverare al romanzo di essere affascinao dai misteriosi incontri di coincidenze (come l'incontro tra Vronskij, Anna, il marciapiede della stazione e la morte, o l'incontro tra Beethoven, Tomas, Tereza e il cognac), ma si può a ragione rimproverare all'uomo di essere cieco davanti a simili coincidenze della vita di ogni giorno, e di privare così la propria vita della sua dimensione di bellezza.





Alla faccia tua maldoror che mi volevi la bellezza indipendente dalla carica di vissuto che uno ci associa, qui l'arte è proprio l'arte come volontà di potenza, come capacità poietica/poetica di mettere insieme, di "fare la differenza" nella ripetizione muta e nuda dell'ordinario e di scovare le disparità, le coincidenze, come il fanciullo di Pascoli e così darle voce e vestirla. Il caso stesso è cosi ricondotto da una nostra impotenza di controllo ad una potenza di accettazione, da una passività ad una attività. "Es muss sein" recita il quartetto di Beethoven che Tereza ama, deve essere così, eppure la sua vita è tutto orrido caso, tutta coincidenza sibillina (es kann auch anders sein, può essere anche diversamente). Dall'estrema pesantezza all'estrema leggerezza, per trovare il superamento in un mondo liberato del suo peso, libero da bene e male, e transvalutato nei propri valori, coi propri pesi.
[SM=g8806]
[Modificato da sgubonius 28/12/2008 01:02]

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"La vita è una festa... viviamola insieme"