Nostalghia (1983)

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sgubonius
00venerdì 2 gennaio 2009 22:42
NOSTALGHIA



Questo film è come sprofondare in un sogno, è un esperienza particolarissima (tutti i film di Tarkovskij sono un po' così) fatta di attesa, di noia perchè no, di fatica, di sonnolenza, e però anche di sublimità, di momenti di autentica ebbrezza, di poesia nella sua forma più pura.

Proprio un poeta è il protagonista del film, un poeta esiliato e continuamente roso dalla nostalgia della patria russa. La carica autobiografica è evidente, contemporaneamente però questa nostalgia è anche comune a tutto il genere umano, alienato alla sua radice terrestre dal mondo moderno. Esemplificativo di questo disagio è Domenico, il pazzo (un grande Erland Josephson!), che vive ormai solo in casa isolato al mondo per via della sua follia, ovvero della sua incompatibilità col mondo razionale della tecnica, esemplare è l'episodio per cui Domenico è considerato fuori di testa: ha tenuto la sua famiglia chiusa in casa, temendo la corruzione del mondo, la sua follia è la fede, è l'amore.
Il poeta ritrova in lui un ponte colla sua patria, quella russia spirituale dove lo attendono la sua casa, la moglie e il cane, e arriva a seguire i suoi dettami per ritornare all'origine, a casa. Mentre Domenico si dà fuoco in Campidoglio alle note dell'Inno alla Gioia di Beethoven, il trionfo dell'irrazionale, dall'altra parte il poeta russo attraversa una piscina con una candela accesa, atto di fede ultimo, e così si accascia a terra. Resta solo un finale possibile... il poeta, seduto col suo cane fedele davanti alla sua casa russa, tutto nella navata solenne della cattedrale diroccata di San Galgano, nevica. Magia pura.
Rayion.
00sabato 3 gennaio 2009 00:13
Il film meno capito del poeta visivo Andrej Tarkovskij, racchiude a mio parere la summa di quello che poi sarà il suo epilogo con il film conclusivo: Sacrifico.

Nostalghia è un film, come sempre in tutte le pellicole di Tarkovskij, ricco di simbologie, di dialoghi che ricorderemo per quello che dicono e per come vengono detti, ma soprattutto è un film, forse il film più personale dell'autore.
Questa Nostalghia di cui si parla, questo desiderio del ritorno a casa, peraltro già visto in "Solaris" con il ritorno di Kris alla dacia paterna ma non così intenso,qui lo vediamo più sentito, meno respirato dell'opera tratta dal romanzo di Lem.
Con Nostalghia non possiamo fare a meno di capire l'essenza del desiderio più intimo di una persona che con ogni suo film ha voluto comunicarci parte della sua vita in maniera mai così intensa e mai così espressiva.
I temi a lui cari: le radici, il ritorno, la famiglia mai dimenticata, la fede, e qui in particolare si apre uno sviluppo che da "Stalker" in poi verrà analizzato molto lentamente fino all'ultimo "Sacrifico" ovvero quello della fede che non verrà mai trattata come religione ma come una profonda esperienza, un modo di credere e di non dimenticarci mai.
Il protagonista del film infatti è in continuo tormento, dilaniato dal fatto di non poter tornare a casa, lui sà che non ritornerà mai più per questo cerca un modo per poter comprendere veramente il suo desiderio di vita, perchè come dice Guerra (produttore e molto amico di Andrej Tarkovksij), non siamo veramente felici...

E' un film che sicuramente bisogna rivedere, di rara bellezza, riguardandolo ora molti potranno sicuramente ri-apprezzare tante simbologie che sono presenti, capire la bellezza e la perfezione di un Cinema inaviccinabile.
Nostalghia non rappresenta solo una parte di vita dell'autore, ma rappresenta anche un modo di fare Cinema che sfiora la perfezione. Fotografia perfetta e sempre ricercata (Tarkovksij di fatto si occupava lui stesso delle scenografie), lunghi piani sequenza e mai stacchi di camera inutili.
Inquadrature perfette, insomma un'opera d'arte!

I suoi sono film struggenti che parlano di bellezza, la vera bellezza senza nemmeno nominarla, perchè come lui stesso ha detto: "Qualsiasi ricerca in questo ambito, tutto ciò che chiamiamo
pomposamente "avanguardia" è semplicemente menzogna.
Nessuno sà cos'è la bellezza"

Spero si avrà modo qui di seguito di parlare in maniera più approfondita di Nostalghia, tuttavia prima di iniziare a discuterne e ad analizzarlo più attentamente era necessaria una giusta premessa.
sgubonius
00sabato 3 gennaio 2009 02:32
Finalmente qualche amante di Tarkovskij, si fa fatica a trovarne!!

Io per ora mi sono astenuto dall'andare a fondo in questo film che è per me il più bello di Andrej (Sacrificio è in qualche modo più lucido, però l'ambientazione italiana di questo mi è sempre rimasta nel cuore) e stranamente uno dei meno considerati come dicevi... in verità non so nemmeno se saprei andare a fondo!

Mi limito a continuare ad andare per suggestioni... perchè in fondo questo film ha una sua unità irriducibile che solo si può alludere, è impossibile descrivere:

Nella festa, come candela,
mi sono consumato.
All’alba raccogliete
la mia disciolta cera;
e lì leggete chi piangere,
di cosa andar superbi,
e come, donando l’ultima porzione di letizia,
morire in levità
e al riparo di un tetto di fortuna
accendersi postumi, come una parola.


1 + 1 = 1
Rayion.
00sabato 3 gennaio 2009 13:37
Parto dalla fine nell'esporre e analizzare i tuoi punti messi in discussione.
Voglio partire dalla fine perchè iniziare in maniera convenzionale non mi è mai piaciuto! Lo ritengo troppo noioso.

Il concetto di 1+1=1 come tu osservavi, è il semplice concetto di sintesi di unitarismo tra materia e spirito, proprio come hanno detto altri autori e scrittori.
La poetica di Andrej Tarkovksij si basa appunto su questo e la ricerca incessante nelle sue opere, espone questo davanti a domande riguardanti qualche cosa di più profondo, quantomeno riguardanti una parte di ognuno.

L'episodio della candela, molto interessante e di una forte possenza drammatica nello sforzo che compie lo stesso Andrej (il protagonista del film) ci parla del sacrifico che compie un uomo per raggiungere e scoprire un qualche cosa. Anche se riflettendoci non è neanche quello, perchè in fin dei conti, non riusciremo mai a scoprire la verità per quanto ci sforziamo.
Possiamo vederla come una gara, anche se non è nemmeno quella, è qualche cosa di più, più profondo, più metafisico e il Cinema di Tarkoskij questo lo dice espressamente comunicando una forza e un'intensità che pochi sono riusciti a fare e ad avvicinarsi.
L'universo di cui si parla nei suoi film è quello dei sentimenti, come ebbi già detto in altre discussioni affrontate su questo argomento:

"Se guardate con attenzione tutti i film di Tarkovskij (L'infanzia di Ivan; Andrej Rubliov; Solaris; Lo specchio; Stalker; Nostalghia; Sacrifico), noterete la presenza all'interno del film di più elementi che intercorrono tra di loro.
Tarkovskij fa sempre riferimento alle "radici", alla figura materna, al cane (visto possibilmente come una figura simbo-sociologica), la terra (così come quello che cresce all'interno della terra e pone le sue radici fin dalla sua nascita).
Negli ultimi tre film (testamento) realizzati dal regista, notiamo una ricerca sempre più meticolosa al raggiungimento della perfezione nelle scene.
Qui di seguito rientra chiaramente "Nostalghia", un film cui l'Italia deve molto e effettivamente lo ha fatto, riconoscendo questo grande artista, offrendogli una casa lontana dalla sua casa...

sgubonius
00sabato 3 gennaio 2009 15:23
Aggiungo che in quella formula, come in altre citazioni del "pazzo" c'è una frattura totale che si crea fra l'ideale lirico e spiritualista di Tarkovskij e il mondo moderno arido freddo e abbandonato dallo spirito/dio (le famose carrellate su acquitrini pieni di oggetti corrotti e derelitti ne sono il simbolo, spesso accompagnate da suoni inquietanti e angoscianti).
La nostalgia verso la patria è quindi una vera e propria mancanza esistenziale di spirito, che la Russia simboleggia, dice Tarkovskij stesso in Scolpire il Tempo: "la nostalgia, per noi Russi, non è un sentimento leggero ma una malattia mortale che spinge a viaggiare, alla ricerca della propria patria perduta". La malattia mortale è quel nichilismo moderno che prosciuga il mondo, che considera Domenico un pazzo perchè per lui 1+1 fa sempre 1, contemporaneamente una professione di fede e un insulto alla fede nella matematica e nella scienza (Domenico è un ex-professore di scienze nella sceneggiatura) e nella tecnica che ha portato l'umanità "sulla soglia della catastrofe", un baratro dove la fede è follia (il poeta dice appunto parlando di Domenico: "Allora perché dicono lui è pazzo, non è pazzo, ha fede").

A questo punto italia o russia non fa più differenza, la patria è il ritorno a sè stessi, alla propria natura di spirito e corpo uniti, all'autenticità di essere presenti a sè stessi nell'esistenza. La casa, il cane, la moglie, tutto si può ritrovare portando una candela, con un gesto inutile, ma portato avanti con fede, portato avanti dallo spirito più che dal corpo, tanto che il corpo perisce nell'atto (un atto che nel mondo moderno è folle, suicida, che non ha motivo di essere per il corpo e per la scienza dell'anatomia, della fisica e della chimica), un 1+1=1, un chiedere una sigaretta anche se non si fuma (così dice Domenico), che però salva dall'inautenticità.

Gesti di "eroismo" interiore simili sono presenti in tutti i film di Tarkovskij, soprattutto ovviamente il sacrificio nel suo ultimo film, ma anche la scelta davanti al cuore della Zona in Stalker (non sapere), o più rozzamente nell'infanzia di Ivan (la missione) e in Andrej Rublev (la campana fatta senza conoscerne il segreto). Però è sempre un eroismo atipico, esistenziale, sisifeo, di una lotta già persa e che però non va abbandonata, e mi ricorda qui una cosa molto bella, nel film mai realizzato da Fellini, il Viaggio di G. Mastorna, il protagonista subisce una sorta di percorso nell'aldilà che culmina in un'analisi della sua esistenza da parte di esperti che ne decretano la riuscita solo grazie ad un gesto "eroico", stranamente eroico: aver fatto una linguaccia ad un cane mentre era intasato in macchina in un ingorgo. Un gesto senza senso, che la scienza non contempla che come errore o debolezza, eppure giustifica più di mille teoremi.
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