(1968-vivente)
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FILMOGRAFIA
Terra di mezzo (1997) con Gabriella Aru, Mario Colasanti, Giacomo De Martino, Gertian Durmishi
Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni (1998) Documentario con Oreste Pipolo
Ospiti (1998) con Corrado Sassi, Pasqualino Mura, Paolo Rota, Llazar Sota
Estate romana (2000) con Salvatore Sansone, Rossella Or, Monica Nappo
L'imbalsamatore (2002) con Ernesto Mahieux, Valerio Foglia Manzillo, Elisabetta Rocchetti, Lina Bernardi
Primo amore (2003) con Vitaliano Trevisan, Michela Cescon
Gomorra (2008) con Toni Servillo, Salvatore Cantalupo
Fonte:it.wikipedia.org
Vabbè va, ho deciso di cancellare quello sproloquio un tantino inconcludente che avevo scritto prima, perchè in quel modo era impossibile che potesse nascere una qualunque discussione su Garrone; adesso quindi cerco di sintetizzare i punti principali che volevo sostenere ma in maniera un tantino più umana.
Io credo innanzitutto che Garrone sia una delle (poche) personalità registiche più interessanti del cinema italiano degli ultimi anni.
La sua originalità secondo me consiste soprattutto nell'avere elaborato un linguaggio cinematografico apparentemente assimilabile a quello di un documentario, ma con finalità ben diverse da quelle documentaristiche. Nei suoi film infatti pare abolita la messinscena, gli attori sembrano non recitare, mantenendo fra l'altro la loro inflessione dialettale, ma l'apparente secchezza dello stile, e quindi quello che potrebbe sembrare come un realismo scheletrico, in realtà è un modo per Garrone di captare delle tensioni che fanno parte della nostra realtà e che si agitano sotto di essa, senza che noi ce ne accorgiamo.
La messinscena di Garrone sembra elementare, così come le sue storie, ma quello che gli interessa cogliere attraverso l'osservazione dei comportamenti più elementari, del modo di relazionarsi fra i personaggi, sembra essere il modo in cui attraverso tali comportamenti, emerga sempre una sorta di patologia, una sorta di mostruosità che ormai è entrata a far parte della normalità, e alla quale siamo ormai assuefatti.
Dunque, la mancanza di una messinscena e lo stile quasi documentaristico, a mio avviso, servono a Garrone proprio per cogliere questo quid, questo qualcosa di marcio e di malato, questa tensione che infatti sembra di respirare in ogni sua inquadratura, e che facendo un po' più di attenzione, forse potremmo accorgerci di quanto faccia ormai parte della nostra realtà.