David Lynch

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maldoror.
00sabato 27 dicembre 2008 12:48
(1946-vivente)
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Bene, ho aperto questo topic solo perchè sgubonius mi ha promesso che se lo avessi fatto ci saremmo accapigliati, quindi insomma mi ha invitato a nozze! [SM=g8029]
No va bè, in realtà non credo che litigheremo più di tanto perchè anch'io sono piuttosto scettico su Lynch; diciamo che pur essendo uno dei registi che preferisco, credo che il limite più grande del suo cinema sia la mancanza della parte attiva della ragione, cosa che consente di avere al suo cinema un approccio credo esclusivamente emotivo (salvo forse alcuni rarissimi casi tipo Cuore selvaggio e in parte Velluto blu), infatti tutti i saggi che scrivono su di lui sono semplicemente spazzatura pseudo-intellettuale (non voglio fare nomi se no capace che mi becco qualche querela, ma mi riferisco in particolare ad alcuni saggi usciti di recente). Io preferisco sicuramente la prima parte della sua carriera, quella che va da Eraserhead a Twin Peaks, mentre invece penso che a partire da Strade perdute sia iniziato il suo declino creativo, in quanto credo che a partire dalla suddetta pellicola, Lynch abbia cominciato a rifare sempre lo stesso film (infatti Mulholland drive e INLAND EMPIRE mettono in scena praticamente la stessa identica situazione), per dei motivi ai quali ho già dedicato credo i post più lunghi che abbia scritto in vita mia all'interno del forum dedicato al regista. Insomma, diciamo che su Lynch avrei davvero troppe cose da dire, quindi un topic su di lui era veramente indispensabile. Concludo soltanto col dire che secondo me INLAND EMPIRE è il suo peggior film, oltre che la conferma della sua irreversibile crisi creativa, per una serie di motivi che magari illustrerò meglio in seguito. Naturalmente mi aspetto che finalmente alcuni nuovi utenti iscritti al forum inizino a farsi sentire. Insomma, mi aspetto che in questo topic scoppi il finimondo!!! [SM=g10658]
sgubonius
00sabato 27 dicembre 2008 20:51
Tutto sommato ti facevo più lynchiano quindi non sarà cosi dura!
INLAND EMPIRE è una porcheria madornale, per me è una presa per i fondelli di uno che è bravissimo a prendere per i fondelli (come il maledetto Tarantino). Mullholland Drive è un film che riesce ad accalappiare molto e in questo gli va un merito enorme, però rimane ancora come dicevi una suggestione vuota e un espressionismo di bassa lega.

In generale ti confermo che Eraserhead è il suo film più geniale, Velluto Blu il più bello anche se purtroppo dovrei decisamente rivederlo perchè ricordo poco e confusamente, gli altri sono film carini ma sinceramente niente di più o perchè mancano della sua forza espressiva (quelli quasi "realistici") oppure perchè in fondo diventano ripetitivi e ho sempre la terribile sensazione di essere preso in giro! [SM=g10266]

Non sono male i primi cortometraggi, anche se lì è proprio delirio purissimo!
maldoror.
00sabato 27 dicembre 2008 21:14
Re:

Si, in effetti credo che siamo più o meno sulle stesse posizioni (ma ripeto che attendo l'intervento di qualcuno appena iscritto al forum, lui sa chi è [SM=g8864] ). Posso dire soltanto questo: INLAND EMPIRE non lo considero proprio una presa per i fondelli, così come Mulholland adrive, perchè credo che il suo intento non sia quello, ma credo che il metodo con cui sono stati scritti, cioè una specie di flusso automatico (che non è proprio la scrittura automatica dei surrealisti, perchè in Lynch secondo me manca qualunque tipo di finalità intellettuale, di consapevolezza culturale; la scrittura automatica surrealista invece è quella di un Ruiz, soprattutto di La ville des pirates, film che ha anticipato INLAND EMPIRE per il modo in cui è stato concepito e girato, ma con ben altri risultati secondo me), siano la conseguenza della sua incapacità ormai di creare e strutturare delle storie compiute, e questo secondo me è soltanto il risultato di un'impasse creativa. Il problema è che questo metodo di scrittura è, come dicevo, privo di qualunque finalità, di una legittimazione poetica, privo insomma di una ragion d'essere e di qualunque valore artistico-culturale. Quello che mi fa ridere infatti sono tutti sti pseudo-intellettuali che hanno additato INLAND EMPIRE come il capolavoro del millennio o stronzate simili, sostenendo che Lynch avesse raggiunto chissà quale inarrivabile frontiera della sperimentazione.

Altre due piccolissime osservazioni: degli altri film, a parte quelli che hai citato tu (Eraserhead e Velluto blu li considero i suoi film più belli), considero dei grandi film anche The elephant man e Una storia vera, mentre Cuore selvaggio e la serie Twin Peaks li ritengo comunque molto belli (anzi, ricordati che il primo fu premiato con la Palma d'oro a Cannes per volere di Bertolucci!).

Seconda cosa: bisogna dire che in realtà, i suoi ultimi film a partire da Strade perdute, hanno una spiegazione logica, cioè, è possibile individuare il plot reale sia di SP che di MD che secondo me anche di IE. Il problema sta nel come Lynch arriva a creare il plot (cioè, il problema è che secondo me lo fa solo a posteriori, non parte con l'intenzione di raccontare quella storia).

sgubonius
00sabato 27 dicembre 2008 21:31
Non dubito che ci sia una unitarietà della storia, dubito però che sia interessante scoprirla!

Cioè io mi sento preso per i fondelli non tanto da Lynch, quanto dalla marea di chiacchiere e di soldi che si generano intorno a lui. Gli amanti di Lynch mi mettono subito in allarme, perchè Lynch è per la gente che sia avvvicina al cinema d'autore in modo superficiale come una luce per le zanzare. Questo surrealismo senza reale forza distruttiva, quella forza che trasuda in L'Age d'Or o in un Chien Andalou, un triondo irrazionale di inconscio non mediato, non sono mai riuscito a trovarla in Lynch che invece irrimediabilmente media sempre attraverso categorie magari psicologiche, temi suoi (il doppio in primis), e simili artifici che col surreale vero e puro hanno poco a che fare. Non è un caso che Lynch ha dato il meglio quando ha mantenuto una direzione espressiva precisa, un equilibrio compositivo, dedicando al surreale quasi il minimo indispensabile per creare la potenza emotiva e la suggestione.

La presa per i fondelli sta più in questo, nella fama che si è creato e che continuando a fare film senza ispirazione ma con crescente "mistero" che si offrissero al pubblico di "parvenu" (parola orrenda lo so!) cinematografici un seno da cui poppare.

Comunque ti dirò che un po' sono acceccato da un quasi odio nei suoi confronti, quindi fatico ad apprezzarlo, però sicuramente è il miglior regista americano in giro (Scorsese e Coppola son mezzi italiani, Allen è ebreo!) e se ritornasse un attimo sulla terra secondo me sarebbe ancora un grandissimo regista.
Cizzu
00domenica 28 dicembre 2008 15:58
maldoror.
00domenica 28 dicembre 2008 17:37
Ehm, Cizzu, potresti essere un po' più esplicito per favore? [SM=g7873]
sgubonius
00domenica 28 dicembre 2008 18:35
Purtroppo temo sia rimasto vittima del bug dei messaggi bianchi!
Oppure era un silenzio di rimprovero! [SM=g7940]
julia_77
00lunedì 29 dicembre 2008 21:40
maldoror.
00lunedì 29 dicembre 2008 22:03
Ehm, cara julia77, siamo veramente mortificati ma credo che ti sia capitato lo stesso problema che ha avuto Cizzu. Se il messaggio non era molto lungo te la sentiresti di riscriverlo o magari di riassumerlo (sta volta magari salvandolo prima di inviarlo)? [SM=g7940] Comunque stiamo cercando di risolverlo sto problema.
Charlus j.Otto
00martedì 6 gennaio 2009 18:05
Con maldoror abbiamo già riempito varie pagine di topic sul forum di Lynch, perciò come ha fatto lui non vorrei ripetermi troppo.
Mi rimane da rispondere a sgubonius, considerata l’estrema difficoltà a comprendere il senso profondo delle parole di cizzu e julia77. Insomma sul fatto che sia un finto autore, uno specchio per le allodole per i cinefili parvenu… anch’io in passato ho nutrito quest’impressione, alla fin fine sto sempre più notando che esiste una precisa “sindrome del cinefilo colto” nei confronti di Lynch, un fastidio istintivo che egli suscita anche in virtù dello schiamazzo intorno a lui. E’ molto strano, e non c’entra neppure con Tarantino: di Tarantino si può solo dire che è né più né meno che un inutile cafone (artisticamente parlando), e alla fine tutto si trasforma in un placido “guarda e passa”. Invece sono rimasto a lungo a riflettere su Lynch e infine ho trovato che sia da prendere grandemente in considerazione. Al contrario di maldoror considero la sua prima fase, per quanto piena di risultati efficaci ed esteticamente pregevoli, un po’ anonima, rispetto alla “trilogia del delirio”, come va di moda chiamarli. Io credo che in queste occasioni Lynch si faccia prosecutore del flusso di coscienza che, partendo nel romanzo da Proust, Joyce e la Woolf, ha portato alla destrutturazione della linearità narrativa compiuta da Burroughs ed estesasi con Cronenberg e la sua trasposizione del Pasto nudo al cinema. Sull’autocoscienza di questo intento potrei anche aggiungere una curiosità che non ho annotato sul forum di Lynch: se vedete il nucleo di Strade perdute, che maldoror accusa essere la stesso che si ripeterà negli altri due film, è lo stesso del Pasto nudo di Cronenberg (un uomo uccide la moglie, fugge nell’Interzona dove la reincontra, guidato da forze misteriose). Vorrei ancora citare Greenaway: “Il cinema è troppo importante per lasciarlo in mano ai narratori di storie”: si può fare del cinema qualcosa di più che un derivato della letteratura narrativa? Alla volontà di precipitare la costrizione alla storia al flusso delle immagini che, da una parte la cultura dell’immagine, dall’altra la ribellione dell’artista al trionfo contemporaneo della tecnica, comporta, Lynch, in virtù della sua vicenda di meditatore trascendentale, associa poi una particolare importanza data all’elemento intuitivo, vincente rispetto a quello razionale-mentale, che la società porta a privilegiare: ha dichiarato esplicitamente che con lo stesso metodo con cui ha scritto Inland Empire gli era capitato di imbattersi in intuizioni, premonizioni e deja-vu: così che la sua destrutturazione della trama finisce col somigliare a una frantumazione dell’identità dell’ego per apirsi alla realtà dell’Essere (la strada infinita di Strade perdute, il silenzio finale di Mulholland Drive, l’ “illuminazione” di Inland Empire)
sgubonius
00martedì 6 gennaio 2009 20:38
Quanto dici è interessante, però mentre è verissimo per Joyce per esempio o per altri scrittori, non riesco a riscontralo in Lynch. Mi spiego meglio: il flusso di coscienza non è fine a sè stesso, la fenomenologia ci insegnerebbe che l'intenzionalità porta necessariamente un contenuto e in qualche modo possiamo comunque dire che sia in Joyce, pure in Greenaway, c'è un contenuto che sottosta al flusso di coscienza e che ne è vulcano, origine energetica.
In Lynch, intendo soprattutto nell'ultimo Lynch, sei così spaesato che non capisci dove si vuole arrivare, l'essere è ben ampio per poterne parlare solo decostruendo, evidentemente non tutte le decostruzioni finiscono nella "radura dell'essere"...

Purtroppo non riuscirei a spiegare più di così, è proprio una questione quasi intuitiva che mi porta allo scetticismo su Lynch, unita ovviamente ad un successo che gli si riconosce e di cui non mi capacito (o meglio sospetto che sia il famoso mistero così misterioso che diventa intoccabile e sacro).
Charlus j.Otto
00giovedì 8 gennaio 2009 13:02
Dunque... per la fenomenologia la coscienza ha sempre un contenuto intenzionale, dici. Questo dimostra più che altro che la nostra coscienza non è una macchina o una qualsiasi cosa inanimata o un qualsiasi ente intramondano, perché “intende”, “tende a”, ma ciò non ha particolare attinenza con questioni estetiche. Per quanto mi riguarda sono dell’idea che nell’arte forma e contenuto siano un tutt’uno, perché aristotelicamente non si avrebbe l’una senza l’altra. Io non è che voglia per forza paragonare Lynch a geni come Proust e Joyce (ma conosco molto meglio il primo che non il secondo), ma azzardo l’ipotesi di un intento comune. Quanto ai “contenuti”, ci sono le famose “ricostruzioni” dei film decostruiti di Lynch, che io poi interpreto secondo la mia tesi che il percorso artistico di Lynch abbia qualche parallelo con il suo sviluppo spirituale affiancato alla pratica della meditazione trascendentale (parallelo cui comunque egli dà molta importanza):
- in Strde perdute una stessa anima vive una doppia vita (circolarità: ruota del Samsara! ossia il circolo illusorio di vita e morte da cui ci libereremo con il dharma) poi, quando il “sogno dell’ego” che è la vita si fa troppo angoscioso per via delle sue emozioni negative (il Mistery Man), fugge (si risveglia?) lanciato nella infinita strada buia
- in Mulholland Drive c’è la famosa teoria: i primi due terzi del film sono il sogno ottimista di Diane suicida (ancora una volta preda delle emozioni negativi): in mezzo il teatro Silencio, che suona come lo strappo del velo di Maya: “è tutto un’illusione” (ancora l’ego?), anzi “è tutto già registrato”
- Inland Empire è un po’ più complesso: sembra che anche qui come in Strade perdute un’anima viva una doppia vita, fino a raggiungere misteriosamente la consapevolezza nel momento in cui le due vite, sulla scena cinematografica (arte?), si sovrappongono, e allora si avvia allo scontro finale col “Fantasma” per entrare nella stanza dei conigli, che sembra le proiezioni della mente confusa della “Lost girl”, il cui destino è ancorato all’esito finale della battaglia tra i due (ma esiste anche una tradizione esoterica e demonologica che parla di apri-porte, ma non conosco oltre che per sentito dire; ho anche ipotizzato che le camere d’albergo siano una citazione del primo film antinarrativo, L’anno scorso a Marienbad). Una volta che la protagonista sconfigge il Fantasma, l’amore trionfa nella vita della Lost girl e la Dern si dissolve (fantasma essa stessa? proiezione della lost girl?). Ho deluciato meglio la questione nel forum su Lynch, tuttavia questo riassunto mi pare essere sufficiente. Aggiungo un’ultima cosa che ho mancato di annotare in passato: c’è una scena (a 1 ora e 57 minuti circa), che generalmente passa inosservata, dove il marito della Dern viene invitato, di notte, a una riunione di tre vecchi polacchi che stanno evocando lo spirito di una giovane donna: il marito non può vederla, ma sente che lo sta mettendo in guardia dall’uomo per cui lavora (il Fantasma datosi al circo, probabilmente): allora i vecchi gli danno una pistola, che sarà la stessa che la Dern tirerà fuori da un cassetto della camera da letto matrimoniale prima di affrontare il Fantasma e sparargli. E’ possibile che si tratti di una seduta di maghi bianchi che forniscono una difesa contro il Fantasma. Del resto magia e robe simili erano presenti già in Twin Peaks.
Quanto alla “radura dell’Essere”, hai fatto bene a citare Heidegger perché anche a lui ho pensato: se leggi i discorsi del tardo Heidegger egli critica che il senso moderno della realtà si è cristallizzata nella “bit” (“immagine fissa, ricorrente”), nella “tecnica” e “macchinazione” dell’ “ente semplicemente-presente”: e questa è la forma più radicale dell’ “oblio dell’Essere” nella cultura occidentale: a mio parere la reazione dell’artista è proprio quella di destrutturare la “bit” e l’ente: si va così dalle trame e tempi frantumati di Burroughs ai corpi strappati di Cronenberg, come reazione al dominio della “macchinazione (meccanicità) dell’ente”.
sgubonius
00giovedì 8 gennaio 2009 16:10
Io al contrario conosco pochissimo Proust e meglio Joyce, e potrei partire da questo per enucleare la differenza...

In Joyce non lo cerchi il senso, non c'è, non c'è racconto, non c'è simbolo, non c'è riferimento a meditazioni o altro, è pura decostruzione del linguaggio e del pensiero che è schiavo del linguaggio. Joyce è poesia senza esserlo, nel senso che scopre la potenza differenziale del linguaggio (come la poesia di Holderlin secondo Heidegger) per cogliere il significante lasciato in balia di sè stesso, a naufragare nel mare dell'essere. Alla fine qualcosa rimane sotto, qualcosa che non è il significato però, e che può essere l'essere se vuoi (parola un po' subdola trovo, troppo generica!). In Joyce quando il capitolo si conclude colla domanda "Dove?" o quando rimangono sospese delle domande e delle considerazioni, quello è il contenuto (non è significato però) del flusso, il problema, il mistero della differenza ontologica che non va obliata.

Lynch magari avrà le migliori intenzioni, però alla radice sbaglia nel suo sistema diciamo "decostruttivo", che poi non è realmente tale. Il fatto stesso che il film si presenti come un mistero da risolvere, magari con riferimenti archetipici junghiani o esoterici/meditativi e quanto altro è la dimostrazione che Lynch rimane soltanto a livello di "gioco" col linguaggio (cinematografico) ma non è capace di una distruzione dello stesso. Non è un caso che l'Ulisse non lo legga nessuno mentre Lynch ha schiere di fan, è finto post-strutturalismo, non è calarsi totalmente nel mistero ma è un crearlo per risolverlo, anche in maniera bislacca. La poesia credo che in fondo sia proprio quella potenza che sfugge alla tecnica, è così che la intende Heidegger stesso, ed è un risultato che nessuno degli autori da te citati ha (a mio parere ci mancherebbe) raggiunto, non basta frammentare i tempi, distruggere le trame, mischiare le carte in tavola, bisogna raggiungere il nucleo della differenza, della potenza differenziale del linguaggio che ho prima chiamato "poesia".

Poi possiamo discutere (e qui sarebbe davero interessante) se il cinema come linguaggio può permettersi una decostruzione, ed è una domanda che ponevo anche in riferimento a Nostra signora dei Turchi di Carmelo Bene, che un tentativo in quella direzione lo fa, però senza secondo me un grandissimo successo.
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